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Università in rivolta

Protestano gli studenti dell'UDU – Unione degli Universitari contro i criteri di assegnazione dei finanziamenti ordinari. All'interno, i punti più controversi della riforma

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Al centro della protesta c'è sempre la riforma universitaria (Legge 180 del 10 novembre 2008) e tanti sono i punti controversi a partire da quello della destinazione di una parte dei fondi accademici: 525 milioni di euro pari al 7% del cosiddetto "fondo ordinario" che, da quest'anno andranno assegnati sulla base di criteri di valutazione che tengono conto della qualità delle pubblicazioni realizzate tra le mura universitarie e delle lezioni svolte in aula. In particolare i due terzi di questo fondo sono stati assegnati in base alla qualità della ricerca e un terzo in base alla qualità della didattica. Sono tre i parametri generali su cui si baserà d'ora in poi il grado di qualità delle università: 1) la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi: 2)la qualità della ricerca scientifica; 3)la qualità, l'efficienza e l'efficacia delle sedi didattiche. Gli Atenei più virtuosi potranno, in tal modo, avere accesso ai fondi ministeriali; viceversa per quelli che chiuderanno i bilanci annuali in rosso si prospetta il blocco dei finanziamenti e delle assunzioni. Per ribadire il proprio no a questo modello, una rappresentanza degli studenti appartenente all'UDU si è presentata davanti alla CRUI – Conferenza dei Rettori, dove era in programma l'incontro nazionale sull'avvio di un nuovo anno tra i responsabili delle 38 università italiane. Il sindacato studentesco ha distribuito un dossier contenente quella che, per loro, è l'esatta formulazione dei fondi sul funzionamento ordinario che il MIUR dovrebbe distribuire agli Atenei. Gli studenti mettono in risalto ulteriormente la contrapposizione tra i Rettori a capo dei due principali schieramenti di Atenei: da una parte i Politecnici che risultano in gran parte ai primi posti della classifica realizzata dal MIUR; dall'altra le strutture accademiche del Sud, affiancate da alcune Università più piccole del Centro-Nord (Parma e Macerata), particolarmente penalizzati dai calcoli ministeriali. Significativa la dichiarazione, a margine della conferenza della CRUI, del Rettore dell'Università di Palermo: "se questa situazione dovesse permanere, è a rischio la coesione sociale del Paese che, attraverso le Università negli ultimi decenni è stata sempre doverosamente assicurata". L'Unione degli Universitari crede che non si possa fare alcuna riforma del sistema universitario senza mettere a disposizione risorse finanziarie a meno che tale riforma non serva a coprire i tagli ministeriali finalizzati a destrutturate il sistema di istruzione pubblica. Oltre alla nuova suddivisione dei fondi, la riforma universitaria prevede anche altri punti: dal blocco delle assunzioni per gli atenei meno produttivi alla "stretta" nella formazione delle commissioni per selezionare i nuovi docenti e ricercatori, fino alla carriera bloccata e scatti stipendiali ridotti per quelli che non produrranno pubblicazioni scientifiche. Penalizzando le Università peggiori, il Governo potrà attuare un parziale blocco del turn over, la riduzione dei finanziamenti e la graduale trasformazione degli Atenei in fondazioni private nelle quali si attuerebbero anche assunzioni dirette di docenti esperti. I Rettori dovranno prestare attenzione anche a come spendere il budget a disposizione. Quelli che destineranno oltre il 90% del "fondo di finanziamento ordinario" in stipendi da assegnare al personale verranno precettati: niente più bandi, almeno fino all'anno successivo, per assumere docenti, ricercatori o personale amministrativo. Per avere via libera per i concorsi bisognerà aver chiuso l'anno precedente almeno in pareggio. Nuove le norme per la nomina delle commissione dei concorsi: oggi ogni commissione si compone di un membro interno che invita quattro colleghi per i posti a professore e due per i posti a ricercatore, a candidarsi per farsi eleggere nella commissione. Con la riforma, la commissione si comporrà di un ordinario, nominato dalla Facoltà e di quattro professori sorteggiati sulla base di una lista di 12 docenti (per selezionare i ricercatori ne basteranno 6 e ne verranno sorteggiati 2), scelti da una lista di ordinari del settore scientifico disciplinare attinente al tipo di insegnamento. Per il Governo, le nuove modalità selettive dovrebbero avvicinare i parametri a quelli riconosciuti in ambito internazionale, mentre per le associazioni di docenti, ricercatori, dottorandi e studenti, verrebbe mantenuta, all'interno delle commssioni, la presenza del componente interno che tutelerebbe le attuali forme di "potere baronale" e il sistema degli esami pilotati. Novità anche sul fronte della carriera accademica e degli scatti stipendiali: potranno accedervi senza limitazioni solo docenti e ricercatori che dimostreranno di aver svolto attività scientifica. Per chi non si adeguerà, limitandosi solo a docenza ed esami, scatterà il dimezzamento dello scatto biennale di stipendio e l'impossibilità di accedere a livelli di docenza superiori. Un primo passo, anche questo contestato, della graduale trasformazione degli Atenei in Fondazioni è quello della chiamata diretta, per la copertura di posti di docente accademico o di ricercatore, di noti studiosi, nel loro ambito, anche impegnati fuori l'Italia. Per quanto riguarda gli studenti, quelli più capaci riceveranno una sovvenzione sotto forma di borsa di studio ed è previsto un sostegno dallo Stato attraverso la realizzazione di nuovi alloggi e residenze nelle città universitarie. Articolo tratto da: "La Tecnica della scuola" del 10 ottobre 2009

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