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Evasione e dispersione scolastica, il punto di vista dell'assessore Vinci

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Nei giorni scorsi abbiamo letto i gravissimi dati sui ragazzi che in Puglia, e in particolare a Taranto, abbandonano la scuola secondaria superiore (il fenomeno della dispersione scolastica), e dei bambini che non frequentano la scuola elementare e media (l'evasione dall'obbligo scolastico) e i cui genitori sono stati denunciati dai carabinieri. Dati che ci preannunciano, come in una "cronaca di una morte annunciata", successivi sviluppi problematici per quei bambini e per quei ragazzi, che diventeranno adulti con meno risorse o con troppi problemi. Negli stessi giorni la Banca d'Italia pubblicava (in lingua inglese, perché offerto alla riflessione internazionale) uno studio intitolato "I rendimenti privati e sociali dell'istruzione in Italia". Nello studio, attraverso complicati calcoli matematici, si dimostra ancora una volta come l'investimento maggiormente produttivo, l'investimento a più alto rendimento economico per l'individuo e per il contesto sociale è l'investimento sull'istruzione. Un anno di scuola in più rispetto alla media rende al giovane del sud in media il 9% in più. Ugualmente altissimo il rendimento sociale di un anno in più di scolarizzazione media: più 7,8% per il sud, che in entrambi i casi registra il dato più elevato rispetto alle altre parti d'Italia. "Un tasso di rendimento superiore a quello delle infrastrutture", osservano gli studiosi della Banca d'Italia. Abbiamo quindi non solo la conferma di un dato intuitivo (maggiore istruzione, maggiore possibilità, in media, di benessere per la persona) ma la sua esatta dimensione e il suo imponente riverbero sul piano generale, ossia quello della capacità di un contesto di produrre sviluppo, ricchezza, per i suoi membri. Anche in questo caso si tratta di una conferma della giusta volontà degli stati d'Europa, espressa a Lisbona nel 2000, di innalzare i livelli medi di istruzione della popolazione, fissando obiettivi e standard dai quali, peraltro, il nostro paese è ancora ben lontano. E' a Lisbona che si indica la strada della "economia della conoscenza" come essenziale fattore di sviluppo per l'Europa, una volta preso atto che il manifatturiero a basso contenuto di sapere (quello di tante nostre piccole aziende) è diventato appannaggio dei paesi emergenti. Le due notizie, i dati di evasione e dispersione scolastica e lo studio di Bankitalia, sono scivolate via troppo in fretta, come semplice cronaca, mentre a mio avviso meritano di essere viste con attenzione, perché riguardano il futuro della nostra comunità e dei suoi figli. 1. L'evasione scolastica. A me sembra esserci una difficoltà di tutti (cittadini, amministratori, governanti) a sentire l'evasione dall'obbligo scolastico oggi come un fatto di eccezionale gravità, che testimonia una condizione di profondo malessere di un bambino e una incapacità della famiglia a rendersene conto e a provvedere. Ognuno sapendo che il destino di quel bambino sarà segnato da quella esclusione dal contesto scolastico, e provocherà un danno grave alla persona e al contesto sociale. Le denunce dei genitori, da parte dei carabinieri, sono non solo dovute ma giuste e utili, se non le interpretiamo riduttivamente come semplice individuazione di colpevoli ma, correttamente, come un segnale forte che richiama alle proprie responsabilità genitori e istituzioni, impegnandoli a verificare la propria capacità di fermare – quando è ancora possibile – un percorso che volge al peggio. Dietro ogni bambino assente dai banchi di scuola c'è (al di là di specifiche eccezioni) una famiglia in difficoltà che va aiutata ad assumersi le proprie responsabilità di accudimento. E questo è possibile se le istituzioni (a partire dai servizi sociali comunali) si assumono la propria di responsabilità. Quella di dispiegare intorno a quella situazione gli aiuti professionali e sociali che occorrono, partendo dall'idea che aiuto e protezione del minore non sono altro che aiuto alla sua famiglia, anche nell'ipotesi più estrema, quando è necessario allontanare il bambino dalla sua famiglia. 2. La dispersione scolastica. Troppi ragazzi iscritti alla Scuola Secondaria Superiore abbandonano gli studi. Ingenti risorse spese dai singoli istituti (con finanziamenti europei) non danno i frutti attesi, e, troppo spesso, diventano "salario accessorio" per insegnanti e dirigenti, del tutto scisso dalla sua effettiva utilità per i destinatari ufficiali, gli studenti. Dobbiamo selezionare le esperienze migliori e valorizzarle, replicarle, rimettendo al centro lo studente con qualche problema in più, coinvolgendo le famiglie ma soprattutto rendendo la scuola più attraente, più contenitiva, più interessata al recupero di quella risorsa in difficoltà. Non possiamo rinunciare a svolgere una azione formativa proprio nei confronti di chi ne ha maggiore bisogno! 3. Lo studio Bankitalia e le politiche del territorio. Ripetiamolo: l'investimento sull'istruzione ha "un tasso di rendimento superiore a quello delle infrastrutture". Quali conseguenze ha questo nel dibattito politico e sociale di questo territorio? Attualmente scarse, possiamo ben dire. Resta immutata nel tempo l'antica subalternità dei tarantini nei confronti dei "grandi investimenti" che devono piovere dall'esterno sulla città (Arsenale, Cantieri Navali, Italsider, Alenia, Evergreen...) e che spesso sono stati pioggia mista a grandine, se non di più e di peggio, in cambio di occupazione (sempre meno). Chiedevano i nostri nonni, chiedevano i nostri padri e invochiamo noi più investimenti, su ciò che resta di un territorio saccheggiato in cambio di quote di occupazione sostanzialmente insignificanti. Le prospettive di uno sviluppo eco-compatibile, di uno sviluppo locale diffuso, fondato sull'economia della conoscenza, sull'investimento sulle persone, sulla scuola, sulle risorse specifiche e proprie del territorio, quelle che danno un progresso sicuro e duraturo non vengono considerate. Anzi, peggio: vengono considerate come cose "romantiche" , "filosofie", cui contrapporre il pragmatico peso dei "milioni di euro che il tale investimento farà arrivare". Ora, Bankitalia ci dice cose che i "romantici" dello sviluppo locale e della economia della conoscenza sostengono da gran tempo. Gli studiosi di Bankitalia sono stati traviati da qualche dolce sentimento amoroso o siamo noi di Taranto e dintorni che dobbiamo aggiornare le nostre analisi economiche ed i nostri progetti per il futuro? Abbiamo forse il dovere del coraggio di impegnarci contro un senso comune disastroso, incolto e incivile, che non guarda con preoccupazione e dolore chi cade fuori dalla rete sociale (i bambini e i ragazzi vittime e protagonisti di evasione e dispersione scolastica), e che in nome di qualche posto di lavoro in più subito (magari da amministrare in maniera clientelare) non alza lo sguardo sul futuro di un progresso vero del territorio basato sull'investimento nell'istruzione, nella formazione, nella ricerca che partano dai temi dello sviluppo locale. In una parola nell'investimento sulle persone e sulle intelligenze.

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